Restauro del “salotto cinese” al Complesso Cavouriano di Santena
Parlare della Fondazione Camillo Cavour a cavallo di questo millennio, significa parlare dell’architetto Ippolito Calvi di Bergolo, suo illustre presidente dal 1990 al 2009. Se oggi il Complesso Cavouriano è un bene prezioso a disposizione di tutti, lo dobbiamo soprattutto alla sua opera in quegli anni difficili, dopo alluvione del 1994 che devastò l’antica residenza di Camillo Benso Conte di Cavour.
Erano tempi in cui la Fondazione non aveva molte risorse ed è stato grazie alla sua azione infaticabile, energica, metodica se, giorno dopo giorno, ogni singolo ambiente è tornato all’antico splendore.
Per me, in quegli anni giovane architetto appassionato di restauro, è stata una straordinaria scuola sul vero significato della parola “tutela” del nostro patrimonio storico-artistico e sono onorato di poterne lasciarne qui una piccola traccia.
Nella foto, l’architetto Calvi di Bergolo
Nel 1947 il marchese Giovanni Visconti Venosta donò alla città di Torino il Castello Cavour di Santena, opera dell’architetto Francesco Gallo e costruito tra il 1712 e il 1720. La consorte, marchesa Margherita, istituì nel 1955 la Fondazione Camillo Cavour per adempiere alla volontà testamentaria del marito, con lo scopo di conservare, valorizzare e gestire una “casa-museo” nella quale si è svolta per molte generazioni la vita quotidiana della famiglia Cavour.
Ricco di arredi importanti, biblioteca e archivi, il Complesso Cavouriano costituisce un unicum straordinario di arte e cultura; un complesso monumentale che, nell’assoluta inscindibilità delle componenti di architettura, di oggetti d’arte e di testimonianze storiche rappresenta uno dei più grandi patrimoni della storia del nostro Paese.
Il complesso cavouriano di Santena è composto dal Castello con Sala Diplomatica, Torre dei Benso, Tomba di Cavour, scuderie (oggi Museo) e il meraviglioso parco monumentale con alberi secolari disegnato a metà Ottocento dall’architetto paesaggista Xavier Kurten, disegnatore dei Reali Giardini dei principi di Carignano.
Tra le tante opere eseguite a quei tempi sotto l’ attenta osservazione dell’architetto Calvi di Bergolo, ricordo con particolare emozione il restauro del salottino cinese al piano terreno del Castello Cavour. Questa piccola sala finemente decorata, era particolarmente amata dal Presidente che, per il suo restauro, mise in piedi una squadra di eccezionale competenza, seguendo le complesse opere con l’orgoglio di un direttore d’orchestra.
- Marie-Helene Cully per i restauri dei dipinti murali e delle parti lignee fisse;
- Cinzia Oliva per i restauri delle preziose decorazioni in seta delle pareti;
- Pietro Coronas, fondatore di Restauratori Senza Frontiere, per i restauri lignei;
- Valeria Borgialli per il restauro del magnifico lampadario in vetro di Murano.
Il Dott. Claudio Bertolotto e l’architetto Anna Dondi seguirono l’esecuzione delle opere per le competenti Soprintendenze, insieme alla conservatrice Dott.ssa Caterina Thellung per il Comune di Torino.
Personalmente mi occupai della direzione lavori e del coordinamento generale del cantiere.
Le sontuose pareti del salottino cinese sono costituite da cinque grandi pannelli, dipinti su seta con rami di peonie rosa e altre corolle floreali nelle tonalità del blu, del rosso lacca e del giallo.
Il complesso delle pareti decorate della stanza si presentava cupo e disomogeneo, con i lambriggi e gli sguinci completamente ridipinti in pesanti operazioni di restauro precedenti. Le pareti apparivano diffusamente manomesse e in grande parte ridipinte. La volta, probabilmente eseguita in due tempi, appariva in stato di conservazione migliore. Le porte avevano subito una pesante tinteggiatura con lacche e pittura, così come le sovrapporte.
L‘intervento è stato pertanto diversificato in base allo stato di conservazione delle diverse aree, preservando accuratamente tutte le tracce originali presenti.
La pulitura è stata eseguita con apposite miscele a tampone, previa stesura di impacchi di carta velina e acqua distillata e rifinita a pennello. Le reintegrazioni pittoriche sono state effettuate a velature di acquerello e tempera. Il cauto discialbo dei lambriggi è stato eseguito a bisturi, dopo un’ampia ricerca stratigrafica per individuare gli strati più antichi; le reintegrazioni sono state eseguite privilegiando la coerenza con le poche tracce originali. I quadri sono stati rimossi e trasportati in laboratorio per l’intervento di riadesione della carta al supporto. Tutti gli elementi lignei (cornici, porte, mantovane) sono stati restaurati, con reintegrazione delle porzioni mancanti.
Nella foto, la restauratrice Marie-Helène Cully interviene sulle preziose superfici murarie finemente decorate.